Il termine “gamification”, letteralmente “ludicizzazione”, significa basare l’educazione e la formazione sul gioco.
Ha fatto la sua prima comparsa nel 2010 con Jesse Schell, autore di videogiochi statunitense, durante la DICE Conference di Las Vegas, appuntamento annuale dedicato alle novità legate all’intrattenimento. Nella visione proposta da Jesse Schell, il gioco potrebbe tornare utile per ridimensionare la noia data dalla ripetitività delle azioni che svolgiamo quotidianamente. Oggi la tendenza è quella di sfruttare le potenzialità della gamification per la formazione aziendale e, secondo i dati, il 70% delle aziende punta a investire in progetti specifici.
Giocare, impossibile negarlo, è divertente. Quando la nostra mente è impegnata in un’attività ludica, ci sentiamo coinvolti in prima persona e il livello di attenzione è molto elevato, a maggior ragione se siamo in competizione con altri partecipanti. Al contrario quando apprendiamo, riceviamo informazioni da memorizzare, interiorizzare e tradurre in elementi utili alle attività che dobbiamo svolgere. L’apprendimento dunque, almeno in una prima fase, è un’attività passiva.
Con la gamification l’intento delle aziende è quello di accostare l’elemento ludico all’elemento formativo, con l’obiettivo di rendere maggiormente coinvolgente la trasmissione di skill.